Il 22 gennaio 2015 una telefonata di Naurizio Portaluri mi informa di un Progetto Salute a Manfredonia per il quale sono coinvolte personalità del mondo scientifico di provata serietà. Mi chiede se ci sono ancora le condizioni per mobilitare quel movimento cittadino che ha caratterizzato la lotta all’Enichem. Purtroppo le mie risposte sono state negative. Mi chiede la disponibilità di collaborare con il team dei ricercatori ed io la offro.
Il 23 gennaio 2015, con una mail, Maurizo mi mette in contatto con la Prof.ssa Mariangela Vigotti (Consiglio Nazionale delle Ricerche e Università di Pisa), con la quale comincia uno scambio d’informazioni e di opinioni. Alla prof.ssa Vigotti manifestai alcune perplessità. Stante la situazione cittadina, intrisa di dicotomie e clientelismi che hanno provocato lontananza e sfiducia nelle istituzioni, diventava difficile coinvolgere la cittadinanza in un progetto tardivo e in piena campagna elettorale. Il primo incontro si sarebbe tenuto il 6 febbraio 2015 e i tempi per organizzare un coinvolgimento cittadino risultavano strettissimi.
Il 6 febbraio 2015 l’incontro pubblico ha ufficializzato l’inizio dello studio epidemiologico. Nello stesso giorno si è svolto un primo incontro interlocutorio tra alcuni cittadini, rappresentanti di associazioni e i ricercatori dott.ssa Maria Angela Vigotti, il Prof. Annibale Biggeri (Impresa Sociale no-profit Epidemiologia e Prevenzione) ed altri. I ricercatori, durante l’incontro, hanno manifestato la ferma volontà di coinvolgere l’intera cittadinanza nel progetto, per acquisire dati ed esperienze di vissuto. Un metodo che cambia il modo di fare ricerche. L’obiettivo è dare più valore allo studio, lavorando con e per i cittadini. Il 1° di aprile 2015 si è tenuto il secondo incontro con i ricercatori.
Tra il primo è secondo incontro è partito il tam tam per coinvolgere associazioni e singoli cittadini con l’obiettivo di costituire un coordinamento che collabori con il team dei ricercatori. Il 16 e 23 marzo, con una partecipazione piuttosto nutrita, si sono svolti incontri tra le associazioni e singoli cittadini. Durante gli incontri non sono mancati interrogativi, perplessità, diffidenze e scetticismo sulla bontà dell’iniziativa. Tra i motivi delle diffidenze l’approssimarsi della campagna elettorale e la scelta priva di giustificazioni per un impegno di spesa di 130.000 euro per il comune di Manfredonia. Un progetto tardivo di cui non si conoscono le motivazioni spingenti e il fine ultimo.
Per superare le tante diffidenze si sono avanzate alcune richieste: 1) ai ricercatori la massima trasparenza mettendo in rete gli atti che hanno determinato la scelta (convenzione, delibere ed eventuali determine); 2) all’amministrazione, nella persona del sindaco, le motivazioni giustificative per un simile impegno di spesa, per i programmi futuri e possibili sviluppi.
I ricercatori hanno prontamente risposto alle richieste pubblicando gli atti sul sito. Il sindaco sembra non aver recepito le richieste del coordinamento.
Al secondo incontro pubblico del 1° Aprile 2015 i ricercatori hanno spiegato le metodologie di lavorio sul Progetto Salute: “…si avvarrà di una valutazione della pressione ambientale, di una revisione delle conoscenze tossicologiche sulle sostanze inquinanti presenti, di una raccolta degli studi già effettuati su Manfredonia e infine di una valutazione dello stato attuale di salute della popolazione residente nel Comune…”. All’incontro, una nutrita partecipazione di cittadini e associazioni hanno dato vita a un serrato confronto. Oltre alla riproposizione delle perplessità e delle diffidenze sono state avanzate ulteriori proposte. Con il secondo incontro, il coordinamento di cittadini e associazioni diventa soggetto attivo nel Progetto Salute.
Mentre si programmano altre iniziative, come quella del 5 maggio, il coordinamento discute sugli strumenti opportuni da adottare per un impegno collaborativo con i ricercatori e, nel contempo, ricercare formule per una autonomia operativa che continui nel tempo. Il 19 maggio, c’è stato l’incontro full immersion con i ricercatori per adottare strategie e metodi di intervento e partecipazione.
Conclusa la campagna elettorale si è verificato l’effetto temuto: la nutrita partecipazione di associazioni e singoli cittadini s’è rintanata. Forse le ambizioni per possibili vantaggi elettorali, che potevano derivare da tale partecipazione, sono svaniti. La solita mentalità del “do ut des” che impregna tutti gli strati sociali della nostra comunità? Purtroppo, ancora una volta, dobbiamo constatare che nel nostro territorio il nobile concetto di “volis” risiede solo, a tappe temporanee, in qualche comunità parrocchiale.
Le perplessità e i dubbi sul progetto sono legittimi, non del tutto sono stati fugati ma questo non giustifica l’indifferenza. E’ doveroso, per il cittadino chiamato a offrire un contributo nell’interesse della collettività, impegnarsi e partecipare attivamente. Fosse anche per capire le dinamiche che hanno determinato una simile scelta. Forte di questi convincimenti ho cercato di spulciare tra gli atti pubblici, delibere, convegni e documenti vari.
Queste hanno riservato non poche sorprese.
Per meglio comprendere certe dinamiche, che necessitano alcune precisazioni, è necessario compiere un percorso a ritroso:
1) Manfredonia è un SIN. Uno dei 57 Siti di Interesse Nazionali istituiti con la legge 426 del 09/012/1998. I SIN sono riconosciuti dallo Stato in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. (Art. 252, comma 1 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.). Rimane SIN anche quando L’art. 36-bis della Legge 07 agosto 2012 n. 134 che ha apportato delle modiche ai criteri di individuazione dei SIN. Sulla base di tali criteri è stata effettuata una ricognizione dei 57 siti classificati di interesse nazionale e, con il D.M. 11 gennaio 2013, il numero dei SIN è stato ridotto a 39. La competenza amministrativa sui 18 siti che non soddisfano i nuovi criteri è passata alle rispettive Regioni.
2) “Sentieri” ha pubblicato nel 2011 un importante studio di mortalità riferito al periodo 1995-2002 su 44 (dei 57). Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche (SIN) (ex DM 471/99) (1). Lo studio epidemiologico “Sentieri” in realtà si propone come studio descrittivo sullo stato di salute e non come studio di tipo eziologico. Lo studio delle aree a elevato rischio ambientale includeva l’area di Manfredonia, comprendente comuni, nella quale, utilizzando per il confronto la mortalità provinciale, non si osservavano incrementi rilevanti; si segnalavano, però, trend temporali in aumento rispetto ai dati provinciali e nazionali per tutti i tumori e per il tumore del polmone in uomini e donne.
Non si capisce perché il responsabile dell’Arpa, signor Assennato, si sia convinto che a Manfredonia è tutt’apost (tutto a posto) dopo aver letto la relazione dello studio “Sentieri”. Assennato, probabilmente non sa che Manfredonia fa parte della provincia di Foggia e che il comune più vicino è Monte Sant’Angelo, il quale dista circa 16 kilometri ed è situato sulla montagna.
Partendo da tali premesse e spulciando tra gli atti regionali e nazionali si scoprono iniziative per le quali i nostri conterranei, eletti alla regione e al parlamento, non sono stati nemmeno sfiorati. Forse hanno preferito mimare le tre scimmiette?
Fatto sta che alla Regione Puglia si istituisce il Centro Salute e Ambiente (CSA). Adozione Programma di Attività 2014/2016 compreso il Progetto Jonico Salentino.
Con l’art 4 della L.R. n.18 del 3/07/2012 la Regione Puglia promuove il piano straordinario Salute-Ambiente relativo al territorio provinciale di Taranto. Adottato con DGR 1980/2012 che formalizza l’istituzione del CSA.
Dopo 4 mesi, con L.R. n. 46 del 28/12/2012, stanzia 5 milioni di Euro. Alla legge regionale segue la DGR 2337/2013 che approva il modello organizzativo formando 5 macro aree.
L’astuzia della Regione Puglia nell’anticipare il progetto CSA stimola diversi interrogativi, tra cui: gli amministratori della Regione Puglia e i parlamentari pugliesi sapevano certamente che il governo Letta stava lavorano a un simile progetto per la Regione Campania. Quindi non si può pensare che i parlamentari e consiglieri regionali di Manfredonia e della provincia di Foggia non lo sapessero. Forse questi ultimi, sia di maggioranza che di opposizione, pensavano ad altro?
L’istituzione del CSA pugliese apre comunque un dibattito tra alcuni addetti ai lavori ma solo nel leccese e nel brindisino. Manfredonia, cenerentola della politica italiana e pugliese, è assente. Come mai? Nonostante sia un SIN.
Al dibattito partecipa, tra gli altri, anche un nome a noi noto: Maurizio Portaluri che con Giuseppe Latini, Valerio Gennaro, Patrizia Gentilini, Agostino Di Ciaula, in sintesi affermano quanto segue: I dati epidemiologici dovrebbero servire ad aiutare i governanti a indirizzare le loro scelte politiche. Accade che un’erronea interpretazione dei dati finisca per giustificare la conservazione dello status quo ante e la mancata assunzione di decisioni a tutela della salute e dell’ambiente. Nello studio SENTIERI sulla mortalità nei siti inquinati in Italia, in 11 casi su 44 la mortalità delle donne è significativamente inferiore alla media regionale. A giudizio degli autori di questo intervento, è possibile che non tutta la popolazione delle città esaminate subisca il medesimo impatto da parte del sito inquinato. Si ricordano a titolo di esempio le situazioni di Brindisi e Manfredonia. E’ necessario, quindi, condurre studi subcomunali e utilizzare non soltanto i dati di mortalità, ma anche gli altri dati sanitari disponibili. (e&p 37 (2-3) marzo-giugno 2013). Dichiarazione queste in netto contrasto con le posizioni che pare siano state assunte dal responsabile dell’Arpa, signor Assennato. Questi, pare si sia convinto che a Manfredonia e Brindisi la gente stia bene. Per le donne, addirittura, è più conveniente vivere a Brindisi dove i rischi per la loro salute sono ridotti. E’ semplicemente fuorviante che il sign. Assennato possa usare lo studio epidemiologico “Sentieri” per addivenire a simili interpretazioni .
Nel frattempo, dov’erano i nostri rappresentanti istituzionali mentre il dibattito era in auge?
Grazie alla rete però qualcosa si muove. Sembra che l’amico Portaluri nel 2013 abbia intercettato, sulla rete, il sindaco di Manfredonia al quale riferisce delle stranezze per l’esclusione di Brindisi e Manfredonia dal CSA. Sembra anche che da queste informazioni nascano i primi contatti tra il comune di Manfredonia e la dott.ssa Mariangela Vigotti. Veritas filia temporis.
Mentre i contatti tra il comune e la dott.ssa Vigotti s’intensificano, coinvolgendo anche la Asl di Foggia, a distanza di un anno esatto della istituzione del CSA pugliese, il 10/12/2013, il governo Letta emana il D.L. 136: Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate. A una lettura superficiale del decreto si capisce che sia stato emesso esclusivamente per la Campania; martoriata dalla nota terra dei fuochi.
Nel frattempo, i nostri parlamentari e consiglieri regionali di maggioranza e di opposizione, sonnecchiano. Forse troppo intenti a curare il lato edonistico del loro mandato.
Il D.L 136 viene convertito con modificazioni dalla L. n.6 del 6/2/2014.
A questo punto, con ammirevole solerzia, la Regione Puglia emana, il 30/12/2013, la L.R. n. 46 che stanzia 5.200.000 euro; inserendosi così nel finanziamento della Legge n. 6 del 6/2/2014 che stanzia 25 milioni per il 2014 e altrettanti nel 2015. La manina di qualche sagace parlamentare pugliese è riuscita a inserire il comma 4 quinquies nell’art.2 che recita: La regione Puglia, su proposta dell’Istituto superiore di sanità, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce, nei limiti delle risorse di cui al comma 4-octies, per gli anni 2014 e 2015, anche ai fini dei conseguenti eventuali accertamenti, modalità di offerta di esami per la prevenzione e per il controllo dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Taranto e di Statte.
Come si nota il comma 4 quinquies non menziona, Lecce, Brindisi é tantomeno Manfredonia. Questa nota è importante per capire gli sviluppi successivi.
In data 9 maggio 2014 il Presidente della Giunta Regionale invia al Ministro della Salute il piano per la prevenzione e l’assistenza delle patologie associate all’inquinamento ambientale. Il piano viene accettato dal Ministro.
I nostri parlamentari e consiglieri regionali e provinciali, di maggioranza e di opposizione, non si sono accorti di nulla. La cura del lato edonistico dei nostri eletti richiede moltissimo impegno e non riescono a dedicarsi ad altro.
L’unione dei comune del nord salento e i parlamentari leccesi e brindisini, invece, si danno da fare per far rientrare le loro realtà nei benefici della legge n.6 del 6/2/2014.
Infatti, l’unione dei comuni del nord salento ha adottato la delibera n. 7 del 2 ottobre 2014 avente ad oggetto ”iniziative per la difesa della salute delle popolazioni del nord salento e della provincia di Lecce in genere, a causa delle emissioni nocive di insediamenti industriali all’interno delle provincie di Lecce, Brindisi e Taranto. Determinazioni”.
In data 12 novembre 2014 è stato approvato alla Camera dei Deputati un ordine del giorno a firma dei parlamentari On. Salvatore Capone ed On. Elisa Mariano riguardante i territori di Brindisi e Lecce. Con quest’atto s’impegna il Governo e la Regione Puglia a svolgere una valutazione dei rischi sanitari derivanti dall’esposizione della popolazione ai contaminanti nelle matrici ambientali (suolo, acque sotterranee e superficiali, acque irrigue e rifiuti) ed effetti sulla salute.
Grazie a questi interventi la Regione puglia rimodula gli interventi del Centro Salute Ambiente (CSA) inserendo le province di Brindisi e Lecce. Nella legge sonno rientrate anche le province autonome di Trento e Bolzano.
Il comprensorio di Manfredonia resta fuori! Perché?
La Regione e L’ARPA Puglia hanno voluto deliberatamente escludere Manfredonia da tale processo, nonostante Manfredonia fosse un SIN e che è stato teatro di pesanti inquinamenti durante e dopo la presenza della ex Enichem. Questo lo dimostra il comma 4 ter dell’art.2 della legge 6/2/2014 che recita: “Al fine di integrare il quadro complessivo delle contaminazioni esistenti nella regione Puglia, l’Istituto superiore di sanità analizza e pubblica i dati dello studio epidemiologico “Sentieri” relativo ai siti di interesse nazionale pugliesi effettuato dal 2003 al 2009 e aggiorna lo studio per le medesime aree, stabilendo potenziamenti degli studi epidemiologici, in particolare in merito ai registri delle malformazioni congenite e ai registri dei tumori, e fornendo dettagli in merito alla sommatoria dei rischi, con particolare riferimento ai casi di superamento dei valori stabiliti per le polveri sottili. Tali attività sono svolte con il supporto dell’A.R.P.A. Puglia secondo gli indirizzi comuni e le priorità definiti con direttiva dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d’intesa con il presidente della regione Puglia, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. All’attuazione del presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
A questo punto nascono numerosi interrogativi.
Perché il sindaco di Manfredonia non ha usato lo stesso metodo dell’unione dei comuni del salento? Lo ha fatto ed ha ricevuto forse risposte negative dai comuni di Monte Sant’Angelo e Mattinata? Se così fosse bisogna registrare l’ennesimo atteggiamento egoistico e campanilistico degli nostri vicini. Sarà perchè l’inquinamento territoriale e la precarietà della salute riguarda sempre e solo i cittadini di Manfredonia e le maestranze? E’ vero che questi comuni sono molto attivi quando c’è da spartire con Manfredonia posti di lavoro e benefici vari? Vedi i falliti patti territoriali e contratti d’area.
Quali sono i veri motivi per cui la Regione Puglia ha scientemente voluto tenere fuori dal CSA il comprensorio di Manfredonia? Forse i nostri amministratori, consiglieri e parlamentari temono di dover dare ragione a quella folla irrazionale ed emotiva di quarantamila cittadini scesi in piazza che rivendicava il diritto alla salute e all’ambiente? Forse per timore che la decadente e fallimentare reindustrializzazione potesse subire ulteriori contraccolpi? Si intende forse nascondere l’ulteriore pesante inquinamento prodotta dalla reindustrializzazione in un territorio già seriamente martoriato? Gli ultimi “prenditori” temevano che Manfredonia potesse rientrare nel CSA? Si potrebbe ipotizzare che la vetreria sangalli abbia deciso di abbandonare, temendo possibili responsabilità in seguito a indagini sulla salute dei cittadini? Il sindaco ha deciso di dare mandato ai ricercatori quando ha capito che Sangalli aveva deciso di mollare definitivamente il nostro territorio? Se Sangalli ha ulteriormente contribuito a inquinare pesantemente il nostro territorio, allora sarebbe il caso di indagare anche sui danni probabili che ha provocato quello stabilimento. Oltre alla sangalli nella ex area Enichem s’insediarono anche altre attività come la produzione di batterie per auto, una mini fonderia di allumino e altre. Le aziende della reindustrializzazione hanno contribuito a martoriare il nostro territorio e “precarizzare” ulteriormente la salute dei cittadini?
Saranno questi i motivi per cui, i parlamentar e i consiglieri regionali del nostro territorio, di maggioranza e opposizione, hanno preferito il silenzio? Forse per continuare a custodire il bacino di voti che assicurano privilegi e benefici?
I 130.000 euro per i ricercatori sono stati programmati a bilancio oppure saranno inseriti nei debito fuori bilancio?
Dai risultati dei ricercatori potrebbero scaturire due soluzioni: tutt’apost (tutto a posto) a Manfredonia oppure che la presenza della ex Enichem ha prodotto danni rilevanti all’ambiente e alla salute dei cittadini. Se è tutt’apost i cittadini di Manfredonia oltre alle tasse regionali che regolarmente pagano, a una regione che li ignora, dovranno sborsare anche i 130.000 euro. Questo potrebbe anche significare che sarà consentito ad altre aziende pericolose d’insediarsi nel nostro territorio. Oltre al danno anche la beffa.
Qualora dalla ricerca dovesse risultare che la ex Enichem ha pesanti responsabilità sull’inquinamento del territorio e sulla salute dei cittadini, si aprirebbero moltissimi fronti. Il primo fra tutti è che il signor Assennato, la Regione puglia, i nostri parlamentari e amministratori saranno costretti ad ammettere che, quella folla irrazionale ed emotiva di quaranta mila cittadini scesi in piazza per rivendicava il diritto alla salute e all’ambiente, aveva ragione. Inoltre, Manfredonia dovrebbe rivendicare l’inserimento nel CSA pugliese con ulteriore modifiche e integrazioni della legge 6/2/2014. Questo significherebbe rientrare nei finanziamenti. A questo punto s’innescherebbe un ulteriore processo di rivendicazione degli altri comuni che resterebbero fuori dal finanziamento. L’Enichem non c’è più e, qualora si dovessero certificare le responsabilità, chi dovrebbe pagare? Individuati i responsabili, questi non potrebbero addebitare parte dell’inquinamento alla reindustrializzazione?
Andare avanti sui possibili scenari che si presenterebbero è arduo, per cui conviene attendere gli esiti dei ricercatori per tirare le somme.
Tutti questi dubbi e perplessità sono i motivi spingenti che mi convincono, da cittadino, di stare dentro il coordinamento, così come dovrebbero fare le associazioni e coloro che si ritengono cittadini attenti alle problematiche sociali e politiche; dalle parrocchie alle associazioni, da semplici cittadini a professionisti e dottori in genere.
Ritengo che il Cittadino attento alle problematiche sociali e politiche non può e non deve solo limitarsi a biasimare, protestare e contestare le decisioni altrui. Deve invece ricercare modi e metodi per conoscere le motivazioni che hanno partorito una simile ricerca. Solo attraverso la partecipazione si può esercitare l’azione di controllo sull’operato dei ricercatori e dell’amministrazione. Il cittadino ha il diritto-dovere, quando è chiamato a contribuire nella ricerca delle verità nascoste per tanti anni, di essere presente e utilizzare i molteplici strumenti di comunicazione per informarsi e non essere strumentalizzato.
E’ pretestuoso e lesivo soffermarsi solo alla denuncia e alla protesta. E’ da biasimare chi, come il cittadino che intervenendo all’incontro pubblico del 13 giugno e qualificandosi Movimento 5 Stelle, dopo aver criticato gli strumenti adottati per il sondaggio tra i cittadini con un questionario, conclude affermando: cari ricercatori l’indagine epidemiologica è vostra e fatevela voi. Posizione in netto contrasto con l’idea politica del Movimento che, abiurando la delega, promuove, stimola, incentiva e alimenta la partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale e politica.
L’aspetto rimarchevole di questa esperienza è che i ricercatori continuano a manifestare la ferma volontà di coinvolgere l’intera cittadinanza nel progetto. Questi non fanno altro che interpretare ed applicare, nella sua essenza, il principio del comma 4 bis, art.2, della legge 6/2014 che recita: Ai sensi della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, resa esecutiva dalla legge 16 marzo 2001, n. 108, su iniziativa degli enti locali interessati e della regione Campania, al fine di facilitare la comunicazione, l’informazione e la partecipazione dei cittadini residenti nelle aree interessate, possono essere costituiti consigli consultivi della comunità locale nei quali sia garantita la presenza di rappresentanze dei cittadini residenti, nonché delle principali organizzazioni agricole e ambientaliste, degli enti locali e della regione Campania. I cittadini possono coadiuvare l’attività di tali consigli consultivi mediante l’invio di documenti, riproduzioni fotografiche e video. La regione Campania trasmette le deliberazioni assunte dai consigli consultivi della comunità locale alla Commissione, che le valuta ai fini dell’assunzione delle iniziative di competenza, da rendere pubbliche con strumenti idonei.
Questo denota, se non sono state apportate ulteriori modifiche e integrazioni al comma 4 bis, due elementi in particolare: La legge è nata per far fronte alle problematiche della Campania e sembra che si incentivi la partecipazione dei cittadini esclusivamente per la Campania. Se questo trova conferma vuol dire che siamo nelle mani di legislatori distratti e superficiali. Altre realtà sono state annoverate con la stessa legge, quindi il legislatore avrebbe dovuto almeno abolire nel primo periodo “la regione Campania” e lasciare “gli enti interessati”. Poi abrogare “La regione Campania” e scrivere “gli enti interessati” nell’ultimo periodo. Diversamente si potrebbe interpretare che la partecipazione e la trasmissione delle deliberazioni sono validi solo per la regione Campania.
Per tutti questi motivi ribadisco che, come cittadino, ritengo di dover offrire la mia collaborazione ai ricercatori, fosse solo per acquisire ulteriori informazioni e capire le dinamiche che hanno determinato certe scelte.
Chi continua a delegare non ha il diritto di contestare, biasimare e pretendere.
Spero che questa relazione non sia bollata “dietrologia”.
Il Cittadino Pino Delle Noci